Spagna, Manolo Saiz a ruota libera: “Troppi ciclisti fenomeni sui social, mi piace il coraggio di Vincenzo Nibali”

Fra passato e futuro. Manolo Saiz, direttore sportivo per quasi vent’anni al massimo livello del ciclismo mondiale, con ONCE prima e con Liberty Seguros-Wurth poi,  vuole tornare nel mondo del pedale. Nelle scorse settimane lo spagnolo aveva annunciato il suo proposito, che per lui continua ad essere di attualità. In questo periodo, però, non ci sono stati passi avanti in tal senso, anche per via della situazione generale dettata dalla pandemia da Covid-19. Nel frattempo, però, Saiz, che è stato guida fra gli altri di Laurent Jalabert, Abraham OlanoAlex Zulle rimane in campo e dice la sua su tanti argomenti relativi al ciclismo.

Eccolo, ad esempio, sul rapporto fra corridori e social network: “Sui loro profili tutti sono Eddy Merckx – le parole di Saiz nell’intervista concessa a Ciclismo Sobre Letras –  Penso che ci siano già ciclisti pagati per twittare, ed è una cosa che non riesco a capire perché alcuni sono atleti con la bacheca dei trofei vuota. Io vorrei che il ciclista smetta di cazzeggiare su Twitter e si dedichi al lavoro e alla vittoria delle gare. Credo che i social network creino molti ciclisti professionisti che in realtà non lo sono. Io voglio i corridori su strada, non su Twitter”.

L’iberico si è invece espresso così sui ritiri, tema che peraltro sta diventando d’attualità come “contromisura” al Covid-19: “A me piacerebbe che i corridori di una squadra vivano tutti nella stessa zona. Era un obiettivo che avevo in testa, difficile da perseguire visti che i ciclisti hanno famiglie e bambini. Per fare un paragone con il calcio, lì sei per 6 giorni a casa e poi un giorno via. Nel ciclismo, manchi da casa per 30-40 giorni ed è più logico tenere gli atleti vicini alla famiglia, quando possono starci. Inoltre, la donna influenza molto il corridore. Il ciclismo è uno sport che ha le sue peculiarità e mi sono reso conto che bisognava guardare anche al lato psicologico e motivazionale”.

Così Saiz sul “vitto e alloggio” dei corridori durante i Grandi Giri: “La Ineos che voleva far dormire Chris Froome in un motorhome e non in albergo al Tour de France? Queste sono cose vecchie, di cui si è parlato già tanto ai miei tempi. Si sa che il Tour non ti fa dormire fuori dagli alberghi, non è una direttiva dell’UCI. Alla Grande Boucle ti dànno gli alberghi e devi andare, perché loro vogliono che tutti i corridori partecipino nelle medesime condizioni, anche se, di fatto, già permisero a Greg LeMond di dormire in camper. Comunque, è una direzione verso cui andare. Sicuramente, l’ideale sarebbe andare al Tour con mezzi propri ed essere autosufficienti. I cuochi di squadra? Noi, già nel 1992, avevamo un pullman con la cucina. Se siamo stati capaci di farlo allora… Molte volte, quello che oggi ti vendono come novità sono cose già viste nel mondo del ciclismo“.

Tornando agli anni della ONCE, Manolo Saiz ha un rimpianto, Miguel Induráin: “Abbiamo parlato per molto tempo, ma non siamo riusciti a raggiungere un accordo finale. Lui e io siamo amici, andiamo molto d’accordo. Quello che dirò sempre è che Induráin è stato il miglior corridore nella storia della Spagna e che sono stato abbastanza fortunato da poter vivere quell’epoca con lui. Noi eravamo la migliore squadra spagnola, ma non avevamo il miglior corridore”.

Venendo ai giorni nostra, qual è la squadra in cui il direttore sportivo iberico rivede qualcosa del suo modo di correre: “L’Astana è la squadra che infuoca le corse nel modo più vicino al mio pensare. Non mi piace il ciclismo conservativo di Ineos, anche se vincono spesso. Per me, la formazione kazaka che, vinca o non vinca, lavora sempre per la vittoria ed a me sono sempre piaciute le vittorie che sono il risultato del lavoro e dell’approfittare di quello che fanno gli altri”.

Saiz spende buone parole per Vincenzo Nibali: “Se devo indicare un corridore coraggioso, scelgo lui. Negli ultimi mi è davvero piaciuto. È un attaccante che cerca la vittoria, il coraggioso per eccellenza”. E c’è spazio anche per un ricordo di Michele Scarponi, che il direttore spagnolo ha avuto alla Liberty-Seguros: “Era divertente e quando si è trovata in squadra con Angel Vicioso formavano una grande coppia. Se uno era la ‘bomba’, l’altro era il lanciatore di bombe. Ma Michele era soprattutto un grande scalatore che ha saputo diventare un gregario di straordinaria qualità”.

Pronto per tornare nel ciclismo? “Non lo so. Ora l’economia è in un brutto momento e devo riconoscere che io ho bisogno di uno sponsor che creda davvero in tutto quello che dovrà spendere. Sto provando ad aprirmi al mondo internazionale. Spero che un giorno appaia un imprenditore giovane, a cui piace il ciclismo, che conosca l’epoca della ONCE e che capisca quello che di ingiusto abbiamo passato. Qualcuno che voglia scommettere su di noi e che ci faccia scrivere il finale che vogliamo, non quello che altri hanno voluto“.

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